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Il secolo breve e turbolento della Grecia

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Membri dell' Organizzazione Nazionale della Gioventù salutano Ioannis Metaxas.
Membri dell’ Organizzazione Nazionale della Gioventù salutano Ioannis Metaxas.

Allo scoppio della Grande Guerra il Regno di Grecia rimase inizialmente neutrale, anche se nei confronti del neonato Regno di Albania e del traballante Impero Ottomano si manifestavano ampie rivendicazioni territoriali. La megale idea (il progetto di unificare tutte le comunità elleniche in un unico Stato) era insomma il corrispettivo dell’irredentismo italiano, così come Bulgaria e Romania intendevano portare entro i propri confini comunità di connazionali ancora sotto dominazione straniera e rimasero a lungo alla finestra in attesa di decidere da che parte schierarsi nel conflitto che stava assumendo proporzioni sempre più spaventose in termini di costi umani e materiali. I tanto bistrattati giri di walzer della diplomazia italiana, insomma, erano tutt’altro che esclusiva del regno sabaudo.

Ciò che tuttavia contraddistinse l’entrata in guerra della Grecia non ha eguali negli altri casi di governi indecisi, a prescindere dal fatto che Re Costantino I era legato per motivi dinastici all’asse Vienna-Berlino ovvero propenso alla neutralità, mentre il capo del governo Eleutherios Venizelos guardava con favore all’Intesa, ove si trovavano Russia ed Inghilterra che furono tra i sostenitori dell’indipendenza greca quasi un secolo prima. Perdurando tale contrapposizione a livello istituzionale ed essendo entrato in crisi il fronte serbo causa l’entrata in guerra della Bulgaria a fianco degli Imperi Centrali, gli anglo-francesi presero il controllo del porto di Salonicco nell’autunno 1915. Mentre si consumavano gli ultimi disperati assalti alle postazioni fortificate turche di Gallipoli, i comandi dell’Intesa favorirono l’insediamento nel porto egeo di un Governo Provvisorio di Difesa Nazionale presieduto da Venizelos in contrapposizione al governo monarchico di Atene. In un clima di guerra civile, questo “Scisma Nazionale” avrebbe poi portato all’esilio del sovrano ed alla sua abdicazione nei confronti del più malleabile secondogenito Alessandro, il quale si allineò alle posizioni dello statista cretese e portò ufficialmente la Grecia in guerra.

Sedutasi al tavolo dei vincitori, la diplomazia ellenica ottenne con il Trattato di Neuilly la Tracia occidentale dalla Bulgaria (che veniva così estromessa dall’Egeo) e quella orientale con il Trattato di Sevres dalla Turchia, alla quale prendeva pure Smirne ed il suo entroterra. Di fronte al rifiuto del governo golpista nazionalista guidato da Mustafà Kemal di sottoscrivere queste ed altre pesantissime condizioni di pace (perfino l’Italia avrebbe partecipato alla spartizione del territorio anatolico ricevendo la baia di Antalya), l’esercito greco scatenò un’offensiva diretta verso la capitale repubblicana Ankara, con l’auspicio di conseguire una vittoria tale da reclamare pure l’annessione di Costantinopoli. Kemal durante il precedente conflitto aveva acquisito un’enorme fama nei combattimenti di Gallipoli ed in questa nuova circostanza dette ulteriore dimostrazione di capacità militare riorganizzando l’esercito dopo alcuni rovesci iniziali. Fermata l’avanzata ellenica a Sakarya (settembre 1921), Kemal vinse poi a Dumlupinar (agosto 1922), iniziando l’inseguimento dell’esercito avversario, il quale ripiegò seguito da decine di migliaia di civili che abbandonavano le località dell’Asia Minore in cui da secoli avevano vissuto.

Il Trattato di Losanna del 1923 non solo costrinse Atene a rinunciare a Tracia Orientale e Smirne, ma regolò anche il colossale scambio di popolazioni che portò mezzo milione di turchi residenti in Grecia a trasferirsi in Turchia ed un milione di greci dell’Asia Minore e del Ponto a spostarsi in Grecia. Responsabili civili e militari di tale disfatta finirono fucilati e cominciò per la Grecia un periodo di grave instabilità, durante il quale fra l’altro venne abolita la monarchia, tornò al potere Venizelos che poi finì esiliato, fu ripristinata la monarchia di re Giorgio II ed infine nel 1936 il generale Ioannis Metaxas effettuò un colpo di stato che gli consentì di instaurare un regime di modello fascista, pur mantenendo una linea politica filobritannica.

Il 28 ottobre 1940, anniversario della marcia su Roma, l’Italia attaccò dall’Albania la Grecia, rea di non aver ceduto alcune basi militari che erano state richieste in un complesso e contorto ultimatum, il cui respingimento è ancor oggi celebrato in Grecia con la “Giornata del NO”. L’impreparazione del Regio Esercito fu tale da consentire una controffensiva ellenica fino in territorio albanese e nella primavera successiva l’azione italiana che avrebbe dovuto “spezzare le reni alla Grecia” portò ad un nulla di fatto, laddove si sarebbe rivelato determinante l’intervento tedesco dalla Bulgaria (Operazione Marita). Nella Grecia sottoposta a quell’occupazione italotedesca e bulgara che portò ad una vera e propria carestia, venne a crearsi una situazione abbastanza comune nell’Europa controllata dalle potenze dell’Asse: l’instaurazione di un governo collaborazionista (presieduto da Ioannis Rallis, il quale avrebbe dato vita ai Battaglioni di Sicurezza come forza di ordine pubblico) e lo sviluppo di un movimento resistenziale diviso al suo interno in varie anime con opinioni diversissime in merito al futuro assetto istituzionale (Fronte di Liberazione Nazionale ed Esercito Nazionale Popolare di Liberazione afferenti al Partito Comunista Greco, il movimento repubblicano Liberazione Nazionale e Sociale e l’Unione Nazionale Greca Democratica di fede monarchica). Spariti gli italiani dopo l’8 settembre 1943, tedeschi e bulgari ripiegarono un anno dopo, contestualmente all’avanzata sovietica in Romania e la Commissione Politica di Liberazione costituita dalle varie anime della resistenza si vide affiancata dalle truppe inglesi sbarcate a Patrasso e ad Atene. Le ingerenze britanniche (la pretesa di disarmare le formazioni partigiane di ispirazione comunista portò a scontri con morti e feriti nella capitale) e le incertezze sul futuro istituzionale (un discusso referendum vide il successo dell’opzione monarchica) degenerarono nella guerra civile, che vide le componenti comuniste proclamare la repubblica nelle montuose regioni settentrionali ed alimentare la contrapposizione militare con il sostegno interessato della Jugoslavia di Tito, il quale mirava a creare in Albania, Grecia e Bulgaria dei regimi a lui collegati e sottoposti. Nel 1949 la conclusione delle ostilità sancì il successo delle forze legate alle potenze atlantiste, che fecero entrare Atene nella struttura della NATO. Il partito comunista venne considerato fuorilegge, molti suoi militanti e simpatizzanti ripararono in Albania, mentre la stabilità di governo rimase a lungo una chimera. Nel frattempo le relazioni con la Turchia iniziavano a peggiorare causa la questione cipriota, poiché la maggioranza della popolazione isolana reclamava l’annessione alla Grecia ed Ankara sosteneva invece le aspirazioni indipendentiste della comunità turca.

Il 21 aprile 1967 i Colonnelli instaurarono il proprio governo, parzialmente mitigato dalla permanenza della figura del Presidente della Repubblica, ma costringendo in seguito il re all’esilio e soffocando poi duramente l’opposizione studentesca al Politecnico di Atene. Nell’estate del 1974 la maldestra gestione del problema di Cipro portò all’occupazione turca della porzione settentrionale dell’isola (Operazione Attila) ed all’uscita della Grecia dalla NATO per alcuni anni in segno di protesta poiché l’alleanza atlantica non aveva saputo frenare gli ardori militari della Turchia che ne faceva ugualmente parte. Ne conseguirono inoltre e soprattutto il crollo del regime ed il ritorno alla dialettica democratica, che sarebbe rimasta a lungo imperniata sulla contrapposizione tra la dinastia dei Papandreou nel versante socialista e dei Karamanlis sul fronte moderato.

L’adesione alle strutture comunitarie europee risale al primo gennaio 1981: da qui discendono gli eventi che avrebbero portato alla catastrofe economica ed alla vittoria elettorale di Tsipras, il quale oggi si trova a dover traghettare la Grecia finalmente verso una fase di stabilità e di benessere. Proprio per questo, il nuovo governo di Atene non sembra necessariamente propenso a seguire l’alveo occidentalista, bensì tiene in seria considerazione la collaborazione con i paesi BRICS a partire dai legami tradizionali con la Russia e proseguendo con l’interesse cinese a radicarsi nella portualità e nella rete dei trasporti balcanici.

Lorenzo Salimbeni


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